casa si, ma d’artista
Sono cresciuta con un concetto di casa ben preciso.
Provengo dalla generazione delle case con i lunghi corridoi, a fare da spartiacque tra stanze chiuse da porte a vetri, rigorosamente rigati, quanto rigoroso era il bagno in fondo, sempre a porta aperta, vista tazza.
Poi ho studiato le case-ville-palazzine-monofamigliari della ricca borghesia mitteleuropea, la secessione viennese, il Bauhaus, Le Corbusier, la pianta libera e sono approdata agli open space, dove l’odore della frittura trionfa sovrano … ma tanto oramai chi frigge più.
Le case: un mondo che, prima ancora che di mode o di estetica, di colori o di arredi, è intriso fin nel massetto di formalità e perbenismi, di tante regole non scritte che dettano legge su tutte le scelte a seguire.
E poi ci sono loro, le case degli artisti.
Nell’ultimo anno ho scoperto case dove vivono famiglie e l’artista esce dal cavalletto e si esprime su mobili, soffitti, pareti allietando con il suo estro il resto degli abitanti, forse abituati negli anni a colori e pennelli, inconsapevoli osservatori di magie.
Ho visto case che si dissolvono dietro il nome più ampio di galleria. Qui le famiglie sono passeggere perché l’artista è ovunque, con il suo lavoro, la sua anima, mentre accoglie i suoi ospiti, sconosciuti avventori o amici di vita.
E poi case con tele e colori a disposizione di chi arriva, per lasciare il proprio segno, per essere somma di un tutto che diventa arte.
Quel che si vuole si fa’, quel che si pensa si innesca.
In queste case mancano formalità e perbenismi e le porte d’ingresso sono sempre aperte.
Non esiste un “qui non si può”, o un “questo non si fa’”, o un “qui non si mette”, un “lì non si va”!
Qui esiste una sola cosa che impregna massetti e intonaci: la libertà di essere se stessi e te, che vi entri per la prima volta, sei invitato a esplorare liberamente le stanze della casa, per viverne lo spazio e diventarne parte.
Le vibrazioni dell’artista invadono i muri e l’ospite, avventore arrivato da case-perbeniste, ne resta disorientato.
Se ben predisposto ne resterà sicuramente affascinato, tornerà nella sua abitazione e porterà un po’ di vibrazione … con sé.
Potrebbe capitare che l’avventore non capisca e continui a cercare cucina, sala da pranzo, bagno grande, tv, divano … disturbato e disorientato si allontanerà pieno di domande.
Ma non importa.
Resta solo chi vibra e questo conta!
In queste case l’amicizia è direttamente proporzionale alla profondità del cuore, le anime affini si riconoscono e finiscono per chiacchierare rannicchiate sotto un tavolo.
Il lascia passare non è “cosa si fa’ nella vita“, ma “chi si è nell’anima“.
Si azzerano strutture sociali e crescono sinapsi e connessioni.
Allora ci saranno cornetti caldi serviti tra i quadri su un tavolo da giardino, ci saranno spaghettate e vino sul tavolo che trasuda acrilico e resina.
Nell’anno che sta per chiudersi sono entrata in cinque case d’artista: ad oggi vissute, oramai museo, o gallerie fucine di quadri.
Ecco io sono il tipo di avventrice che, nell’andar via, sa già di non essere più la stessa, perché porto con me un po’ della loro libertà, un po’ della loro vibrazione, che si attacca inesorabilmente alla pelle del mio corpo.
… e il mio concetto di casa non sarà più lo stesso.
Ringrazio:
Vanessa Nicoli e la sua Galleria il Portale a Leonessa
Fabrizio di Nardo e la sua Galleria in via degli Zingari a Roma
La casa della mamma di Ele
La tenuta di E&C
La casa museo di Giacomo Balla a Roma