c’era bisogno di uno spazio così
… ecco, questa è la frase che più ho sentito pronunciare, rivolta agli utopici fondatori, in questo anno di mia frequentazione dell’associazione fotografica Utopia aps di Rieti. Quando di recente hanno festeggiato il primo anno di attività sono rimasta sbigottita: per i tanti eventi realizzati, per la capacità organizzativa, per la cura e l’amore, pensavo fossero oramai veterani, invece …
C’era bisogno di uno “spazio fisico” così, al quale arrivo tagliando il cordone ombelicale romano, per concedermi ad una provincia che diventa polo attrattivo.
Ci arrivo attraversando il ponte delle meraviglie (come mi piace chiamare Ponte Romano), salendo poi per via Roma, in cerca del piccolo cartello a sinistra, che negli orari di apertura, indica l’utopica via.
Già solo il percorso depura l’anima e prepara l’ascesa.
Quei gradini racchiusi nella vecchia vetrina di legno hanno il sapore di un portale di passaggio verso un’altra epoca, l’insegna luminosa che di volta in volta rende omaggio all’ospite principale, ne è la riprova.
Un giorno mi dissero che uno spazio deve generare curiosità per essere interessante: ecco, qui la curiosità non manca.
Ogni volta che viene allestito, qualcosa cambia, suscitando nel frequentatore quel piccolo spaesamento necessario a far riscoprire il luogo.
Nessun gancio è per sempre e magicamente nella mostra successiva le foto sono in posti diversi e non c’è traccia di precedenti configurazioni.
Non è da tutti.
Sarebbe molto più facile avere solo un chiodo e appendere sempre tutto lì; invece no, lo spazio si adatta e reinventa, semplicemente ospita.
E poi c’è uno “spazio umano” che è la vera anima dello “spazio fisico”.
Quello che vede il prode Fabrizio intervenire sapientemente, nelle vesti segrete di “guanto bianco”, nell’atto di cancellazione dei segni rimasti tra una mostra e l’altra – invidia dei grandi musei!
E Alessia, vera padrona di casa, capace di mettere tutti a proprio agio: un caffè (… con il latte perché si ricorda di me!), un vassoio gigante di caramelle o biscotti fatti in casa, una chiacchiera non sempre sulla fotografia e il cuore si scalda.
Gli utopici fondatori offrono autori, dibattiti, corsi, mostre e ogni volta mettono in gioco loro stessi.
Quando Fabrizio presenta l’attività che da lì a poco inizierà o quando illustra la mostra in corso, lo fa’ con una tale passione, con un’empatia nei confronti dell’opera, che coinvolge e arricchisce lo spettatore.
Si riceve il calore di chi ti presenta qualcosa in cui crede veramente … e non è da tutti.
Chi lo farebbe?
Ecco, lo fa’ chi utilizza la parte più vera del cuore, chi crede in ciò che porta al pubblico, chi è pronto a cambiare pelle per far stare meglio chi arriva, chi ha l’umiltà d’animo dei grandi.
Ovunque ci sarebbe bisogno di un posto così e non importa la grandezza dello “spazio fisico” se è grande lo “spazio umano”, perché è questo che non ha barriere, che supera i confini e fa’ arrivare gente da lontano.
Nell’ultima mostra dedicata al bellissimo progetto di Danilo Garcia Di Meo, le sedie in legno sono tornate ad allestire un piccolo cinema, i chiodi sono spariti dalle pareti e magicamente sono apparsi tiranti per i cavi dove sono stati appesi i teli-foto; oggetti hanno arricchivano le nicchie per definire la parte tridimensionale della mostra, una tenda reale faceva entrare in contatto con una tenda bidimensionale.
Insomma nuovamente in un modo sorprendente il piccolo spazio è mutato, mantenendo alta la curiosità del visitatore che ne percorreva le sale, dimostrando le potenzialità del luogo e le capacità degli utopici fondatori.
Caffè e chiacchiere non sono mancati.
Sono certa che alla riapertura delle attività le tracce di questa mostra saranno state cancellate e che i fogli bianchi delle pareti saranno pronti ad accogliere nuovi ospiti.
Chissà se in antichità, quando si salivano quei pochi gradini che conducevano al tempio, all’interno c’era uno spazio così.
ps: tra gli “utopici fondatori” ci sono tante persone che non ho citato ma che contribuiscono in modo magistrale a mandare avanti ogni singolo evento, ogni singola attività. Il mio articolo è un omaggio a tutti voi.