il battesimo dell’arte
Quando inviti un pittore per inaugurare la nuova casa, il primo pensiero non è cosa preparare per il banchetto, ma cercare la tela delle dimensioni giuste, gli acrilici quelli da 500 ml, i pennelli e poi cavalletti, tavolo, cartoni, grembiule …
Lista della spesa al seguito, le ricerche degli “ingredienti” fervevano prima del giorno tanto atteso.
Questo è quanto vissuto da una famiglia da poco trasferita nella più periferica e ancora agreste, campagna romana: il dono di un’opera realizzata sul momento per loro, o con loro, tutto si sarebbe svelato e compreso solo pochi istanti prima dell’evento. Nulla era dato a sapere, poiché nulla era concretamente definito.
Così ho avuto la fortuna di assistere, incredula e inconsapevole, ad un momento veramente raro. Avevo con me la macchina fotografica, l’amica che forniva l’alibi alla mia presenza lì e al contempo mi aiutava a vincere la timidezza, costringendomi ad un avvicinamento necessario.
Una piccola folla si è mossa operosa e discreta per sistemare ogni cosa: “… ti va bene qui?”, “… va bene questo pennello?”, “… hai bisogno di altro?”.
“acqua … acqua e … si, musica!”
Lui, concentrato e pronto a salire sul palco, raccoglieva idee, energie, visualizzazioni mentali, fornendo gli ultimi ordini ai valletti.
Si va in scena.
Ogni pennellata veniva descritta, contornata dai racconti di una vita, come se tanto del suo vissuto venisse convogliato sulla tela, che si caricava così di colori e di ricordi, il filtro sul quale le parole trovavano espressione visiva.
I gesti seguivano il ritmo della musica, una colonna sonora appena accennata, poiché le pennellate sembravano risuonare più forte.
Quanto questa danza sia durata non lo so, in quel momento ho perso la cognizione del tempo. So che quando tutto è finito è stato un momento di soprassalto, un risveglio. Commenti, osservazioni, stupori, domande, tutti sono accorsi dalla casa per vedere!
Lasciato il quadro alle cure dell’aria e del tempo, per la giusta asciugatura, ci siamo allontanati. Lui era sudato e stanco.
Lo sforzo dell’anima si era espresso in uno sforzo fisico.
Ora, più sereno, ci raccontava da quanti giorni stesse pensando all’idea, anche di notte non prendeva sonno. Traspariva tutto il suo turbamento e la catarsi che stava avvenendo in quel momento in tutta la casa. Tra scarpe sporche e l’ultimo guizzo di rosso, che aveva centrato in pieno la mia caviglia, credo di aver ricevuto in questo happening contemporaneo il mio vero battesimo dell’arte. Assistere alla scomparsa della tela ed alla nascita dell’opera, è stato come vedere una morte e resurrezione.
Nel momento del riposo ho visto i suoi occhi chiari e stanchi, ma sicuramente vivi!
Quegli occhi, così chiari che sembrano sintesi additiva di tutti i colori, arsi da una vita di energia che li ha attraversati.
Massimo Centaro
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